Non ci è sembrato per nulla scontato indirizzare il tema del concorso verso qualcosa di leggero, che potesse offrire una boccata d’aria fresca alle artiste e agli artisti che hanno partecipato a questa edizione e a chi verrà a visitare la mostra dei vincitori, in un momento storico in cui spesso ridiamo per non piangere. Ci siamo anche chiesti, però, se avessimo fatto il passo più lungo della gamba ad interrogare i giovani sull’ironia, quella cui si giunge dopo un lungo e non sempre facile lavoro. I nostri dubbi sono stati smentiti dalle opere dei tre vincitori: Giacomo Gerboni, Filippo Marzocchi e Lorenzo Taccioli. Gli artisti hanno accettato il nostro invito, in alcuni casi uscendo anche dalla loro zona di comfort per approfondire un tema non centrale nella loro ricerca. Nel suo video, Giacomo Gerboni è riuscito a coniugare la necessità di denuncia sociale alla leggerezza di una risata spontanea, per approdare ad un risultato fresco sia dal punto di vista della tecnica, che della rappresentazione. Per circa 15 minuti ci possiamo concentrare sull’essenza esilarante dei protagonisti e alla fine ci ritroviamo a ragionare sulle nuove starlettes e sul nostro ruolo di spettatori e indicatori del mercato. Filippo Marzocchi, invece, dal suo ha un approccio più edificante allo humor. La sua performance ci fa riflettere su un gesto molte volte scontato e sulla conseguenza della perpetuazione dello stesso, fino a renderlo non banale, e creare spaesamento in chi si trova ad applaudire. Non è importante chi o cosa siano i soggetti applauditi, ma quanto noi, che siamo nell’atto dell’applauso, possiamo andare avanti senza domandarci che cosa stia succedendo. Infine, Lorenzo Taccioli propone uno scatto tratto da un progetto più ampio. È l’unico dei tre artisti a dare rilievo costante all’ironia nella sua ricerca e in particolare con il progetto “ABITW”, che si pone a metà strada tra la denuncia del degrado urbano e sociale, indirizza il nostro giudizio non solo verso l’atteggiamento anticonformista della scritta sul muro, ma anche verso il messaggio, utilizzando un’ironia diretta e non-fraintendibile.
Oltre ai tre vincitori, la giuria questa volta ha deciso di riconoscere l’impegno di un quarto artista, Michele Papetti, istituendo una menzione speciale per la ricerca e la progettualità. Il soggetto dell’opera presentata è una delle icone sacre tra le più riprodotte nella storia, il San Sebastiano, ma nella versione di Papetti possiamo riconoscere almeno due livelli di lettura dal punto di vista dell’ironia. Il primo, lampante, è quello estetico: colori cangianti e puntatori di Windows XP tolgono il velo sacro all’icona e lo sostituiscono con il mantello dell’arte digitale, facendo tornare la religione al livello popolare e innalzando, allo stesso tempo, le nuove divinità a quello sacro. Un’unione di sacro e profano dove cosa sia l’uno o l’altro viene rimesso al giudizio dello spettatore. Il secondo è più vicino a noi, ed è l’ironia fatta sul soggetto stesso, San Sebastiano, santo a cui è intitolato l’Oratorio dove, ormai da tradizione, viene allestita la mostra dei vincitori del Premio 1502.