Cambi: Dystopian Visions non è stata solo un’asta
I risultati della prima asta curata di NFT in Italia, da poco conclusa. Una collaborazione tra Cambi e SuperRare, corredata da due mostre, webinar e tour curatoriali
Curata da Serena Tabacchi, co-founder di MoCDA, e Bruno Pitzalis, Crypto Art expert di Cambi Casa d’Aste, la prima asta di NFT in Italia si è conclusa lunedì 5 luglio. Dal 25 giugno, ogni giorno sono state droppate due opere su SuperRare (ve ne parlavamo qui). Il bilancio è decisamente positivo se si considera che delle 72 opere vendute nella scorsa settimana sul marketplace, 11 erano parte di questa asta.
L’interesse nei confronti delle opere selezionate è stato dimostrato da collezionisti già parte del mondo crypto e in possesso di collezioni ragionate piuttosto che da un pubblico neofita e questo ha permesso alle opere di raggiungere risultati di vendita adeguati, che andassero oltre al prezzo di riserva, ma senza toccare i picchi teatrali delle vendite degli ultimi mesi.
L’opera che ha raggiunto il risultato migliore è stata Robotica di Giuseppe Lo Schiavo, venduta per 8Ξ (circa 17’000 dollari americani). Una performance in tre atti, dove i riferimenti a Bill Viola, Pina Bausch e Jacques-Louis David sono evidenti e a cui si aggiungono dei riferimenti alla nuova archeologia di arte digitale, come il CryptoPunk trasportato su una portantina. A fare compagnia a Lo Schiavo sul podio con una vendita di 6.5Ξ (circa 13’000 dollari americani) troviamo Catelloo, con un omaggio ad Asimov, restore.asimov, che racconta di un futuro in cui delle figure ibride replicano gli atteggiamenti umani in segno di rispetto e ricordo, attraverso la composizione tipica dell’arte tradizionale del ritratto a tre quarti e la gestualità stereotipata. Ci sono sette opere che devono ancora raggiungere il prezzo di riserva e di conseguenza avviare il processo di asta per le 24 ore successive.
Due webinar per scoprire il mondo NFT
Generalmente, questa dinamica è comune a tutte le aste di NFT, cambiano però le modalità di acquisto dell’opera. La casa d’aste Cambi ha deciso di affrontare tutto il processo in criptovalute e sul marketplace, mettendo a disposizione dei collezionisti due webinar su Zoom, un tour curatoriale su Arium e diverse dirette Instagram con gli artisti per agevolare la comprensione e familiarizzare con il processo.
Il primo webinar, Collective Moments: The Art of Collecting NTFs, ha trattato della vera e propria modalità di inserimento di un’opera nella blockchain di Ethereum e di come si crea uno smart contract, di come si risolvono le problematiche legate alla sostenibilità della blockchain e, soprattutto, da dove nasce la necessità di un’asta curata. A questo webinar hanno partecipato dei punti di riferimento per il settore come Token Angels, collezionista NFTs, Mila Askarova di Gazzelli Art House, Jason Bailey di GreenNFTs, Michela Moro de Il Giornale dell’Arte e Domenic Perini di MoCDA.
Il secondo incontro, The Collector’s Toolbox: a Guide to Collecting NFTs, come già si intuisce dal titolo, ha dato gli strumenti ai collezionisti non solo per affrontare un’asta in criptovalute, ma anche per assicurare ed esporre le opere. A questo panel hanno preso parte Italo Guido Carli di Arte Generali, Giacomo Nicolella Maschietti di ClassCNBC, Angelica Maritan di SpeakArt, Mauro Masoni di The Rock Trading e Zack Yanger di SuperRare.
Dalla mostra IRL al tour curatoriale su Arium
La vera rivoluzione arriva con il tour curatoriale della mostra: replicata la mostra fisica nella disposizione delle opere su Arium, i curatori e gli artisti hanno guidato i partecipanti ad un’approfondita analisi dell’esposizione. Arium è un metaverso con derivazioni meno marcate dal gaming rispetto a Decentraland. Viene definito come una piattaforma spaziale virtuale personalizzabile, perché garantisce la possibilità di ricostruire la propria esposizione a cui si accede con chat video 3D.
Nonostante l’ordine di presentazione delle opere sia il medesimo, la versione ricostruita su Arium è quasi in antitesi rispetto alla mostra fisica in via San Marco a Milano: la prima ambientata in un mondo completamente distopico, etereo, rilassante, in cui si possono notare il cielo stellato e delle bolle viola che vi si muovono dentro; la seconda, invece, in un luogo buio, altrettanto distopico, ma legato piuttosto alla necessità di fruizione delle opere presentate sugli schermi.
L’esposizione è circolare: si apre con Data Collector di Fabio Catapano, prima opera andata in asta su SuperRare il 25 giugno, e si chiude con Hollow di Annibale Siconolfi, ultima opera ad essere stata proposta il 3 luglio.
Queste due opere in particolare dialogano, come sottolinea Serena Tabacchi, in modo dicotomico. L’opera di Catapano è un’analisi dell’evoluzione non solo dell’arte, ma anche del mercato contemporaneo. Il soggetto, una scultura classica, viene decomposto in piccole particelle, dei dati, che si muovono prima attratti a formare la scultura e poi distanti nell’etere. Questo movimento simula quello del mercato, che dal collezionismo di artefatti passa a quello dell’immateriale, appunto, di dati. L’opera conclusiva di Siconolfi invece è una “fotografia” utopica di un futuro in cui la natura si riappropria del proprio posto, in pacifica convivenza con la tecnologia.
Agli artisti è stato chiesto di indagare la visione utopica/distopica del futuro e alcuni lo hanno fatto attraverso delle opere statiche, come Leonardo Dentico che nel suo God’s Graffiti ripercorre un sogno d’infanzia, immaginando la sua città d’origine come un universo creato artificialmente, in cui le persone vengono serenamente catapultate. Come Dentico e Siconolfi, anche Giusy Amoroso, Elia Pellegrini, Catelloo, Domenico D’Alisa e Nicola Scognamiglio danno la loro visione “statica” del futuro distopico. Giusy Amoroso descrive in Exoskeleton – The Origin il mistero della creazione stessa, dove risiede la risposta creativa alla sopravvivenza umana: solo attraverso lo studio dei materiali e la riproduzione delle parti sarà possibile evitare l’estinzione della specie. Elia Pellegrini con Grains of Time s’interroga su come il futuro potrebbe essere visto dagli occhi di un bambino e di una persona più adulta: qui utopia e realismo viaggiano di pari passo accompagnati dall’inesorabile scorrere del tempo. Catelloo, con un omaggio ad Asimov, restore.asimov, racconta di un futuro in cui delle figure ibride replicano gli atteggiamenti umani in segno di rispetto e ricordo, attraverso la composizione tipica dell’arte tradizionale del ritratto a tre quarti e la gestualità stereotipata. Domenico D’Alisa nella sua Apnea intrappola in una specie di acquario una figura umana, consumata dal peso delle proprie azioni, ma tenuta a galla dalla possibilità del cambiamento. Infine, Nicola Scognamiglio con Displaced, rappresenta in uno scenario apocalittico una figura dalle parvenze umane in primo piano che indossa un visore, lasciandoci quindi nel dubbio della realtà o finzione dello scenario di cui facciamo esperienza sia noi che il soggetto. Sono invece delle opere animate come il Data Collector che apre la mostra, le opere di Luca Viola, Mattia Cuttini, Manuel Gardina, Fabiano Speziari, Undeadlu, Vittorio Bonapace, Giovanni Motta, Paola Pinna, Teresa Manzo e Giuseppe Lo Schiavo.Luca Viola, artista che assieme a Catapano ha droppato l’opera nel primo giorno di aste, presenta un soggetto che potrebbe ricordare l’arte povera, come ha evidenziato la curatrice, ma che in realtà è rete, è network, come se l’idea di futuro venisse inquadrata nella cornice classica. Mattia Cuttini esce dalla sua zona di comfort cromatica per esplorare delle tonalità più brillanti che, assieme alla melodia fortemente meditativa, animano il pattern dell’opera Yellow Pulsing Map. Manuel Gardina propone in Videotapestry (Nerybe) il movimento ipnotico della superficie di un possibile pianeta, che invita il fruitore a entrare in contatto con l’ignoto. Fabiano Speziari invece ci trasporta in una possibilità abitativa; Clod 130: a place for lazy minds è la rappresentazione distopica della società del futuro, con uno spazio nel Clod per ogni persona, le cui necessità vengono soddisfatte attraverso dei servizi a metà tra la consegna a domicilio e la domotica. Un ipotetico abitante della Lazy Tower viene descritto da Undeadlu nell’opera Exposition, che diversamente da molti altri soggetti antropomorfi è fortemente caratterizzato dagli stereotipi di genere, così come diversamente dal solito viene descritto anche il volto del soggetto, spesso invece coperto. Ad esempio, nell’opera di Vittorio Bonapace, 2080: The Astro Show, il soggetto indossa una tuta da astronauta ed è rappresentato nell’atto di fare zapping, con attorno dei feticci del nostro tempo. Oltre a lasciarci il dubbio di chi si cela dietro la tuta, il paradosso che ci colpisce riguarda la modalità di consumo da parte del soggetto del cibo che lo circonda, sottolineando in maniera ironica questo approccio capitalista. Uno dei soggetti caratterizzati più famosi nel mondo della crypto arte è JonnyBoy, il nostro bambino interiore a cui il suo ideatore, Giovanni Motta, lascia il compito di ricordarci il nostro infantile desiderio di esplorazione con l’opera Afternoon Garage. Anche Paola Pinna rappresenta un avatar dai tratti più femminili, con chiari riferimenti iconografici a Cyberpunk, che si guarda allo specchio e si chiede “who am I?”. Hidden Miki da un lato dello specchio indossa la mascherina, che però non è presente nell’immagine riflessa: una situazione di distacco dalla realtà che ci riporta non solo ad un futuro distopico, quanto ad un passato molto recente, risvegliando le emozioni appena sopite provate nei periodi di isolamento. Teresa Manzo invece ci trasporta in un paesaggio desertico, in cui sta una figura complicata nei piani prospettici e nella caratterizzazione: né un uomo, né una donna, né di profilo, né di fronte. Solo un dettaglio di MODEL_TI22 ci colpisce e sono gli inserti in titanio che si intravedono sotto la pelle. In conclusione l’opera di Giuseppe Lo Schiavo. Una performance in tre atti, dove i riferimenti a Bill Viola, Pina Bausch e Jacques-Louis David sono evidenti e a cui si aggiungono dei riferimenti alla nuova archeologia di arte digitale, come il CryptoPunk trasportato su una portantina. Robotica diventa un’indicazione per una possibile performance realizzabile nel mondo reale, ma che nello spazio digitale viene interpretata, appunto, da dei robots
Il risultato è stato un atlante, un insieme di possibilità rappresentative del futuro che avranno luogo, se non nella realtà, almeno nella nostra immaginazione.